Intervista a Marco Montemagno

Intervista a Marco Montemagno

Marco Montemagno è uno dei personaggi di riferimento del mondo digital in Italia, prima come imprenditore, poi come conduttore televisivo su Sky, e ora come esperto di digital e marketing, fonte di ispirazione per molti, grazie ai suoi video quotidiani e alle dirette.

Marco Montemagno ha pubblico il suo primo libro a gennaio 2017 “Codice Montemagno”, piazzandosi immediatamente al primo posto assoluto su Amazon.

In questa intervista Marco racconta non solo del libro, ma soprattutto della sua visione del mondo online oggi, di come vede l’Italia a diverse velocità e di come le cose stanno, inesorabilmente, cambiano velocemente per molte aziende e professionisti, che purtroppo, restano indietro.

Buon ascolto!

Trascrizione.

Valerio:
Buongiorno a tutti e ben ritrovati, sono Valerio Fioretti di Valerio.it, di nuovo insieme per questa serie di interviste. Oggi ho il piacere di avere con noi Marco Montemagno. Ciao Marco.

Marco:
Ciao Valerio. Non ho mai visto la mia faccia così tante volte su uno sfondo, cioè ho più la mia faccia sullo sfondo che in tutte le mie pagine Facebook combinate.

Valerio:
Sai, ero indeciso se mettere sullo sfondo la pagina di Amazon, poi ho detto “ ma no, fammi vedere Marco Montemagno su Google Immagini” ed è venuto fuori questo mosaico fighissimo…

Marco:
Wow!

Valerio:
Quindi, lasciamolo qui. Allora, Marco Montemagno. Per quei pochi che non sanno chi è introduco io, poi, Marco, correggimi. Hai lavorato tantissimi anni con Sky, con un fantastico programma che andava in onda il sabato mattina, se non sbaglio…

Marco:
Sì.

Valerio:
… sul digital, che io seguivo pedissequamente, se si dice. Ovviamente, prima ancora sei stato fondatore di Blogosfere, quindi imprenditore. Ancor prima sei stato mezzo avvocato, nel senso che avresti dovuto fare l’esame, se non sbaglio, poi hai deciso di cambiare vita, ma prima ancora sei stato ponghista, cioè giocatore professionista di ping-pong.

Marco:
Che è la cosa importante colpire, l’unica cosa che conta veramente.

Valerio:
Ok, poi che cosa è successo, Monty? Dacci qualche indicazione di quello che è avvenuto dopo la tua uscita a Blogosfere e Sky.

Marco:
Ho fatto Blogosfere, ho fatto Sky, ho fatto varie realtà, varie aziende, facendo diverse cose. All’inizio dei social media avevamo fatto una società che si chiamava mio ex socio, dove praticamente ci proponevamo come social media agency. Ai tempi era un po’ una stupidata, perché andavi nelle aziende e non sapevano cosa fosse Facebook, Twitter, cose così. Poi ho fatto eventi, la social media week, altre cose così. Tanta consulenza, aziende, istituzioni, politica, e poi mi sono trasferito in Inghilterra. In Inghilterra ho fatto un anno abbastanza di c***eggio a cercare di capire un po’ che strada prendere da grande. Poi ho cominciato a fare video un po’ per hobby, e devo dire che questa cosa è esplosa. Ho poi fatto un’altra start up che si chiama SuperSummit, che però ho congelato nel frattempo che avrò e la cosa più interessante è questo mondo dei video che è esploso, quindi adesso la pagina ha più 300 000 persone ecc.

Valerio:
Poi è fantastico il libro che è uscito a gennaio. Marco prima diceva sempre “non mi piacciono quelli che nei libri dicono che sono autori best-seller”, però ecco…

Marco:
Esatto.

Valerio:
Citava poi, involontariamente, il sottoscritto, però eccolo lì che adesso ci casca anche lui, è autore best-seller anche lui.

Marco:
Perché tu dicevi sono.

Valerio:
Beh, si, la formula è quella, per darci.

Marco:
È molto americana come formula…

Valerio:
Molto americana, si.

Marco:
Anche inglese, se tu vedi un inglese americano che parla dice “Hello, I’m Rob Williams, best-seller author…” e poi passa a parlare… No, è un po’ la…

Valerio:
Sì, è un po’ il marchino di fabbrica di certe scuole. Però sai cos’è? Vedo che noi italiani tendiamo un po’ a vergognarci, o di avere successo o di aver fatto delle cose. Si ha sempre un po’ il timore, forse perché temiamo il giudizio degli altri, ma poi ci arriveremo a questo. In America, dire esattamente quello che fai, se non dici ca***te, è la cosa migliore da fare. Tutti ti dicono “no, se hai fatto questa cosa, anche se l’hai fatta piccola, ma l’hai fatta bene, dilla perché sei un pelino sopra alla media”. Io volevo chiederti un po’ di cose, farmi un po’ una chiacchierata con te perché i tuoi video non sono motivazionali, ma sono comunque di ispirazione…

Marco:
Per alcuni lo sono.

Valerio:
No, va beh, sono di ispirazione. Io ti seguo con molta passione, posso dire che sei, oltre al mio business coach, l’unica persona italiana che seguo (poi sai che vado fuori). Volevo chiederti un po’ di pareri, di idee che ti puoi essere fatto, anche se stai in Inghilterra. Come vedi l’Italia fra 10 anni, se la vedi? Per come.

Marco:
Io vedo diverse Italie, se devo essere sincero. Vedo un’ Italia generica in frantumi, nel senso sempre incasinata, burocratica, casini, gli scioperi, le menate… Purtroppo non vedo la possibilità di cambiamento sulla media dell’Italia. Invece vedo tante diverse “Italie” nei diversi settori, per cui io ho sempre visto da vicino il mondo tech start up, e quello è un settore (caspita!) in boom totale. Hai della gente super in gamba, miliardi di persone che lanciano iniziative interessanti (miliardi per modo di dire). Il gruppo Italia Startup SIM, qualche anno fa, quando sono partiti, Stefano Bernardi fondatore su Facebook, eravamo veramente tre gatti. Io mi ero aggiunto quando erano tipo 500 in quel momento, e oggi sono più di 20.000. Sono solo start up, quindi gente che ha la logica de “faccio iniziativa, tiro dentro fondo d’investimento, faccio il feed”, era un dare un, per cui oltre a quello si è allargato un mondo gigantesco di tutti i professionisti. Magari uno è il parrucchiere, l’altro è lo psicologo, l’altro è l’estetista (ne hai 3000 di queste categorie). Questi hanno visto, finalmente, l’on-line come una possibilità di comunicare, di promuovere, di vendere, o di creare una nuova community. E hai questo popolo di partite IVA in fermento, che lancia, fa, va avanti non grazie all’Italia ma nonostante l’Italia.

Valerio:
Ok.

Marco:
Vedo da un lato un futuro di grandi opportunità, dall’altro lato alcuni pezzi che invece lentamente e inevitabilmente, si sgretoleranno.

Valerio:
Perfetto. Qui mi aggancio immediatamente a come vedi lo sviluppo del web business in Italia, scremando quella che è una parola che io detesto, la “fuffa”. È una parola che proprio mi sta sulle p***e, proprio anche come suono, però, per intenderci… Tu sai meglio di me quante persone ci sono che tentano di fare business on-line, e c’è da fare una differenziazione, credo.

Marco:
Sì. Io parto da questa premessa: un tempo quando si parlava di business on-line eravamo una cerchia di addetti ai lavori che smanettava e si occupava di quella roba che era Internet. Stop. Adesso che si è allargato ed è proprietà della massa (per cui tutti sono on-line), c’è una cerchia di addetti ai lavori che si occupa magari di digital, web marketing, cose così, ma è veramente una parte decimale della popolazione. Tutta la popolazione che invece lavora, fa un mestiere normale, fa l’imbianchino, dice “ok, come uso l’on-line per comunicarlo, per fare il mio business?”. Lì la fuffa la dividono due cose: i fatti e i risultati. Se sono un agente immobiliare e sono bravo, vendo bene e il passa parola mi gratifica, mi fa sapere che io lavoro bene, a quel punto sono a posto. Da un altro lato, lo fa chiaramente la comunicazione, per cui hai (come sempre però, anche off-line), della gente che magari nei fatti non è che sia un fenomeno, ma è molto brava dal punto di vista del brand, del marketing, nel promuoversi. È più difficile insabbiare un’incompetenza in un mondo totalmente digital dove l’informazione gira veloce, perché ti sgamano dopo un po’.

Valerio:
Certo.

Marco:
Questo è il tema. Però, chiaramente, sono due componenti che vanno di pari passo: competenza da un lato e dall’altro la tua capacità di promuovere un prodotto o un servizio. Lì solo i più bravi vanno avanti, secondo me.

Valerio:
Quindi, per restare un po’ nel tema, quali sono secondo te, al di là dell’Italia, globalmente, i mestieri che scompariranno completamente da qui a 10 anni?

Marco:
Sai Valerio, c’è tutto il tema dell’automazione che arriva (c’è già, in realtà).

Valerio:
Sì. Non so se hai visto (scusa, ti interrompo), il video di Gates sul far pagare le tasse ai robot. Molto bellino.

Marco:
Sì sì, è un tema molto interessante quello, perché in sostanza… In realtà lui dice “no, non sono i robot che devono pagare le tasse, ma se tu sei un’azienda che sceglie manodopera robotica al posto di manodopera manuale, tu hai un vantaggio (perché comunque spendi meno, nel lungo periodo), e quindi compensiamo questo con un’imposta. L’ altro aspetto è il cosiddetto UBI (Universal Basic Income) dove, a quel punto, tu dai del grano a tutti in modo indifferenziato, non solo a quelli in difficoltà, per coprire i buchi che l’automazione creerà. Questo è un macro tema secondo me interessante, però colpisce una marea di lavori. Ho visto gli ultimi report del World Economic Forum, l’automazione va a togliere il mestiere a commercialisti, avvocati…  non è soltanto l’operaio che fa buona una rondella, ma un’enorme categoria di persone. Bisogna sapere che questa cosa sta succedendo, non è una cosa che arriva fra vent’anni, è una cosa che c’è già, e il mio suggerimento è fare una lista delle attività che uno fa oggi, all’interno del proprio lavoro, e provare a pensare quali di quelle attività verranno o sono potenzialmente automatizzabili. Facciamo un esempio: se uno fa l’avvocato ci sono moduli da compilare che può fare benissimo un algoritmo, ci sono una serie di form standard sempre uguali. Tutta quella roba lì può essere automatizzata, e l’avvocato si concentra, a quel punto, sul fatto che c’è rapporto umano con il cliente: uno divorzia, arriva lì…

Valerio:
La consulenza.

Marco:
C’è una consulenza, c’è quel rapporto che invece un algoritmo, in questa fase, non riesce a sostituire. Però è un mondo pazzesco, va molto molto molto veloce.

Valerio:
Molto veloce. Se tu avessi dei consigli da dare, 3, 4 o 5 consigli da dare a chi vuole iniziare a fare impresa oggi, che siano consigli di life strategies piuttosto che di competenze o di nicchie in cui tuffarsi, cosa gli diresti?

Marco:
Numero 1: mi leggerei libro Seeking Wisdom, che so che tu hai comprato. È un’ottima mappa di ragionamento: ragionare in modo intelligente, con buon senso sui fatti, già questo aiuta molto. Cosa che in molti non fanno, perché poi uno dà per scontato che tutti ragionino in modo corretto quando si parla di business e invece non è così. Poi, l’altro aspetto su cui mi concentrerei è sempre quello di partire dal mercato. Il mercato ha sempre ragione dal punto di vista del business, per cui, se tu decidi di iniziare un’attività, parti sempre da un problema che il mercato può avere. Devi individuare qual è il tuo mercato, se è un mercato abbastanza ampio che ti possa far entrare del grano a livello… dove tu puoi campare bene in base ai tuoi parametri, se quel mercato ha un problema urgente (per cui sei disposto a pagare subito, non tra cinquant’anni). In questo momento c’è il tema delle trading card. È un mercato che c’è ma non è urgente perché ancora non ci sono in giro. Il tema è sempre, perciò, trovare anche la tempistica giusta e il cercare di macthare il mercato con quelli che sono i miei interessi e le mie competenze. Sono uno straordinario riparatore di automobili? A questo punto, magari il mercato riparazioni può essere interessante, ho la grande passione perché posso stare tutto il giorno lì h 24 e sono pronto a lavorare per anni su quel tema fantastico. All’interno di questo mercato qual è il settore più interessante, che ha il problema più urgente? Qual è il settore dove il mercato è abbastanza ampio? È quello della personalizzazione dei cerchioni delle Jeep.

Valerio:
Perfetto.

Marco:
Avevo tizio che vendeva accessori Jeep. Questo, secondo me, è un modo di ragionare intelligente. In base a questo si potrebbe poi mettere su uno strato digital e dire “ok, individuato il mercato e matchato con la mia competenza, come vado a promuovermi per far conoscere a quel mercato che io esisto?”. Lì, in quel momento, per me, la strategia è chiara: comunicazione on-line, video, in Italia almeno per i prossimi 12 mesi. Facebook lo vedo determinante, con la parte di advertising funziona, quindi mi muoverei così.

Valerio:
Bene, bene, bene. Sì. C’è ancora gente che mi dice “eh vabbè, ma tu hai tanti followers perché paghi, fai pubblicità su Facebook”. È normale se Facebook è a pagamento perché fa business, l’hai detto anche tu in video qualche tempo fa.

Marco:
Ma poi, voglio dire, chi fa i ragionamenti sulla pubblicità a me personalmente fa veramente ridere, Valerio, perché è come dire “è Coca-Cola la bevanda più evoluta del mondo perché fa pubblicità”. Esatto, è proprio il motivo per cui lui… Il business funziona così, my friend! Se vuoi giocare senza pubblicità non farla, non so che cosa dire, però è un modo di ragionare molto luddista, parte dall’idea che un prodotto magicamente viene conosciuto dal mercato. Succede anche così, a volte, ma tu prendi Apple: non fa pubblicità? Qualunque azienda fa pubblicità, persona fisica o persona giuridica, e usa gli strumenti che ha per giocare, per cui se uno può fare lo deve fare. Voglio dire, fa parte del business.

Valerio:
Sì, perché avendo accesso a una piattaforma come Facebook, gratuitamente, le persone pensano che debba essere tutto gratis, quindi c’è un po’ una distorsione della realtà abbastanza verso il basso, sono in picchiata libera. Senti, perché un video al giorno? Che tu fai…

Marco:
Perché ci sono troppi competitors che competono per l’attenzione delle persone con cui vuoi parlare tu. I competitors sono tutti, dalla Lego a Netflix, a quelli che fanno le bottiglie d’acqua, a quelli che fanno i video virali, e ci sono anche, by the way, i tuoi competitors del tuo settore. Per riuscire ad avere un minimo di attenzione e rimanere rilevanti, tu devi essere (si dice in UK), top of mind nella testa del consumatore. Devi cioè essere in cima ai pensieri del tuo potenziale cliente: se pensa ai palloncini e questo vuole comprare i palloncini per la festa, gli vieni subito in mente tu. Come fai? Hai bisogno di una pressione costante, perché se no è facile essere travolti da tutto il resto per cui tu sparisci, ti diluisci, in questo mare di informazione. C’è questo dato che a me ha colpito molto, dato da Facebook un po’ di tempo fa: ogni giorno ti arrivano duemila notifiche tra i quali puoi scegliere, e un utente medio ne sceglie circa 200. Essere in quelle 200 non è facile e lì devi lavorare con ottimi contenuti con la parte di advertising, partnership, collaborazioni. È un mestiere non facile, serve un sacco di tempo, una grande costanza, e questo tutte le aziende dovrebbero farlo. Se decidi di non farlo, sei liberissimo di non farlo, ma c’è qualcun altro che lo fa al posto tuo.

Valerio:
… che lo fa al posto tuo, e quindi…

Marco:
Puoi perciò decidere, è come dire che sei sposato e puoi decidere se parlare con tua moglie una volta alla settimana o tutti i giorni. A quel punto dici “vabbè, parliamo tra una settimana, va bene”. Tutti i giorni, però, lei esce dalla porta e ne hai cento che ci provano. Se ti sta bene va bene così, se no prendi le precauzioni dovute. Ecco, questo è il mio consiglio.

Valerio:
Ci faccio un post su questo.

Marco:
Esatto.

Valerio:
Ottimo. Senti, te l’avranno chiesto in 100 000, però è d’obbligo per i miei followers. Ci puoi dare la tua routine giornaliera? Mi viene un po’ da ridere perché ti ho sentito in almeno 15 interviste e ogni volta te lo chiedono, però è un must, l’unica domanda che ammetto di essere ripetitiva, dai.

Marco:
La routine giornaliera per me è semplice: mi alzo alle 5:40, mi do una sistematina e in bagno decido più o meno l’argomento di cui parlare. La sera prima in genere ho un’idea e la mattina sono lì a spippolare sul cellulare in fase di preparazione mentre sto mettendo il gel. A quel punto prendo una decisione sull’argomento di cui parlare e dalle 6 e mezza alle 7 e mezza registro e monto il video, dopodiché stacco. Passo quindi alla parte paterna per portare uno dei miei figli a scuola e mettere in piedi tutto l’inizio familiare, dopodiché tipicamente faccio un’attività fisica di qualche tipo e poi attacco a lavorare. Lì, a seconda delle di business a cui penso quel giorno, mi dedico all’attività da fare. Rispetto ad un po’ di anni fa (io ho 45 anni adesso), devo dire che è una routine molto pensata per cercare di avere una qualità della vita alta e non è una routine come un tempo in cui era “mi alzo alle 5 del mattino, lavoro h 24, il giorno dopo mi rialzo alle 5 del mattino e lavoro h 24”.

Valerio:
Una cosa devastante.

Marco:
Sì. Puoi durare per un po’ e c’è anche chi lo fa, ma in questo momento per me è cambiato molto, per cui, anche per quanto riguarda il tema degli eventi (che fa parte della mia vita da sempre), cerco di farne sempre meno, solo eventi di qualità o divertenti. Questa è un pochino la mia routine.

Valerio:
Tu guardi televisione?

Marco:
No.

Valerio:
Né film, né intrattenimento, né notiziari…? Per capire…

Marco:
No. Dunque, non guardo… televisione non ne guardo, nel senso che abbiamo una televisione in casa ma è usata soltanto per vedere Peppa Pig, Paul Patrol, PJ Masks, ovvero i grandi programmi di approfondimento culturale per miei figli, quindi quella è dedicata esclusivamente a quello. Guardo e leggo invece una quantità insana di notizie con il mio aggregatore RSS, video su YouTube, video online in quantità enorme. All’interno delle notizie, chiaramente, ho monitoraggi e tutte quelle cose anche di attualità che possono essere di mio interesse. Guardo film, i film assolutamente, sono un amante di film, quindi nei momenti più improbabili mi guardo film di vario tipo a seconda dei casi e leggo, leggo tonnellate di cose.

Valerio:
Hai visto per caso I am not your guru, il documentario di Tony Robbins?

Marco:
Sì, l’ho visto, l’ho visto. Avendomi intervistato mi interessava anche vedere un po’ il tipo di realizzazione, il dietro le quinte, diciamo il modello di business, la costruzione, il format… L’ho trovato molto interessante.

Valerio:
Interessante, sì. Senti…

Marco:
Scusami, ho trovato interessante il fatto che dopo che lui abbia fatto quest’operazione documentario, l’evento successivo del… non mi ricordo il nome del…

Valerio:
Sì?

Marco:

Valerio:
… 5 giorni e un… bel martello?

Marco:
Quello 5 giorni, era più che sold out e l’hanno venduto a premium price, nel senso che tutti a quel punto volevano andare lì, quindi ha fatto un’operazione notevole, anche di comunicazione.

Valerio:
Lui è geniale in queste cose, ha un intuito che spacca nel business. Senti, tu dai video prendi ovviamente ispirazione, attingi da quella che è stata la tua esperienza passata di vita. Parli quindi tante volte di quando eri un ponghista, di quando volevi fare l’avvocato.

Marco:
Valerio, Valerio… pongista, pongista.

Valerio:
Scusami, pongista.

Marco:
Lo puoi dire come vuoi, perché tanto il ping pong è sempre maltrattato…

Valerio:
No vabbè, io sono veramente un disastro, quindi figurati, nul ping pong proprio non acchiappo neanche la pallina. Quindi, “pongista” è giusto, ok. Attingi quindi dalle tue esperienze personali, attingi tantissimo dal tuo business, da quello che hai fatto, da quello che stai facendo, attingi dai libri che leggi tantissimo e che consigli sempre (infatti mi piace tantissimo questa cosa, ho iniziato a farla anche io, ti ho copiato un po’ il libro. C’è qualcosa che ogni tanto “ok, dico questa” e poi “no, è meglio che non la dica”, oppure “mi trattengo”?  Magari senza dire che cosa, però ti capita di fare un passo indietro per un motivo o per un altro?

Marco:
Spessissimo, per vari motivi. Il primo è che se tu hai dei figli, ragioni molto sul fatto che una volta che metti fuori un video poi magari quel video lo vedono le maestre dei tuoi figli o i tuoi figli stessi, e non li vuoi far sentire a disagio per quello che hai detto, per quello che hai fatto. C’è un tema di responsabilità in generale, come quando da sbarbato vai in giro in macchina e dici “andiamo!”, oppure invece vai in giro con i figli dietro e vai molto attento. Metter fuori dei contenuti quando sei genitore è proprio un livello di responsabilità totalmente diverso, quindi questo è un primo tema. L’altro tema è che ci sono degli argomenti in cui non mi interessa entrare perché purtroppo non c’è facilità… non esiste una conversazione quando tocchi alcuni argomenti. Un conto è la politica, ad esempio. Se tu fai un’argomentazione di comunicazione politica, ancora ancora… A me appassiona, ho scritto tante robe di comunicazione politica, me ne sono occupato come consulente, però è un mondo molto interessante perché è un po’il top della comunicazione online. Tra l’altro oggi ho fatto un video su come in teoria Trump avrebbe vinto la campagna elettorale, con questo studio dove in pratica dai like tu tiri fuori l’identità psicografica delle persone e poi vai a targetizzarle esattamente. Non crea una campagna, quindi, ma 300 milioni di campagne. È molto interessante.

Valerio:
Bello.

Marco:
Dall’altro lato, se tu domattina dici “facciamo l’analisi di Salvini”, non riesci a farla in modo normale, perché hai tutti quelli che votano per Salvini che dicono “che bello” o “che brutto” a seconda di come è fatta l’analisi, e tutti quelli dall’altro lato che dicono “che bruto”, “che bello”.  Non c’è ragionamento e lì su alcuni temi come religione, politica, scienza spesso, non c’è. La gente stacca e diventa un tifoso dello stadio, non ragiona, non guarda i fatti, non ascolta, e allora molti temi non mi interessa neanche toccarli perché lo trovo poco costruttivo, non portano da nessuna parte, e quindi lascio perdere.

Valerio:
Fantastico. Questo mi porta immediatamente a una cosa che ti volevo chiedere sugli haters, perché qualcuno lo hai, secondo me.

Marco:
Ne ho qualcuno.

Valerio:
Io ne ho uno che addirittura ha fatto un blog dove io…

Marco:
Vai, grande.

Valerio:
… faccio parte di post, quindi si vede che non c’ha veramente un cacchio da fare ‘sto tipo.

Marco:
Io invece ne ho uno che si è autonominato il mio hater, dice, “sono l’hater di Marco Montemagno”, capito, siamo a questo livello di…

Valerio:
Livello di autorevolezza più alto insomma, nel tuo caso… Qual è stato l’hater più creativo che hai incontrato? Forse questo? Creativo intendo. Divertente…

Marco:
Guarda…creativo… Il fatto è che un hater divertente è un ossimoro, perché un hater in genere è uno che deve sfogare le sue frustrazioni, quindi ha proprio un problema suo a monte. Parliamo di hater, non di critici, perché la gente che ti critica…

Valerio:
Sì, la gente che critica è un’altra cosa.

Marco;
Ce ne sono tantissime, alcuni dicono delle cose giustissime anche in modo molto duro, però se tu ascolti e non ti fai impermalosire dalla critica, puoi imparare tantissimo. Tutti noi parliamo, diciamo delle cose giuste o sbagliate, sbagliamo, quindi questo è interessante. L’hater invece è proprio uno che a prescindere da quello che dici ti ha visto così, gli ricordi quello che gli ha tr****** la moglie o la fidanzata e basta, niente, ti odia a prescindere.

Valerio:
Ti odia a prescindere.

Marco:
Quelli non sono mai molto creativi, la frustrazione in genere, o la rabbia, non è creativa, è sempre una cosa che punta verso il basso. Ho però avuto gente, non so… uno dei quali… no, a due sono molto affezionato. Uno, una volta mi ha commentato dicendo “Montemagno dovresti stare zitto perché non sai niente di futuro, di innovazione. Uno che è pelato non può parlare di futuro”. A questo punto ho pensato e mi è subito venuto in mente Jeff Bezos, Mark, e ho detto “vabbè, avrai ragione tu”. Un altro invece, storico, mi ha detto “io odio Montemagno perché vuol sembrare come Steve Jobs…” (e fin qua sarebbe anche un complimento, insomma), “ma è grasso”. Uno che mi conosce dice “no è proprio basso”.

Valerio:
Io ti ho visto, sai, te l’ho detto, quando ci siamo visti qualche giorno fa. Sei paurosamente secco.

Marco:
Faccio fatica, sì, è una cosa… no, non posso… non so veramente cosa dire, ecco. Tu, insomma… grasso… è veramente difficile.

Valerio:
No…

Marco:
La gente è così. Oppure un altro, non era un hater ma c’era molta invidia nel commento. Era tutta una critica in cui diceva “Montemagno se avesse veramente successo sarebbe in piscina con Elon Musk”. Lì ha tralasciato il fatto che Elon Musk non va in piscina, si fa un c**o così tutti i giorni. È gente così, ignorante, però in genere non sono creativi.

Valerio:
Ok, il tuo approccio in questi casi com’è? Ci fai una risata sopra o qualcuno ti ha fatto venire qualche farfalla nello stomaco?

Marco:
Guarda, Valerio, c’è una distinzione da fare secondo me importante: dopo tanti anni ne hai prese talmente tante, nel bene o nel male, che hai il callo, nel senso hai la pelle dura, per cui uno può dire qualunque cosa in questo momento che è difficile che mi tocchi perché le hai già viste, sai già magari qual è la motivazione, ecc. Poi hai delle critiche che ti danno fastidio perché magari le fanno persone o che conosci, o con cui hai lavorato. Magari le hai s****e e allora per ripicca ti danno addosso, iniziano ad infangarti. Magari uno è anche un media e ha quindi una forza diversa, se Il Fatto Quotidiano o Il Corriere scrive un articolo ha una risonanza diversa rispetto ad un singolo. Però in generale il mio suggerimento a volte è ignorare nella maggior parte dei casi, perché devi concentrarti su quello che ti interessa fare. Mi concentro sulle persone a cui può piacere quello che dico e che possono dare un valore, ignorando invece quelli che mi odiano, mi detestano (che è legittimo). Questo è un primo tema. Altre volte il suggerimento è ascoltare, chiaramente, le critiche, e rispondere in generale a questo tema. L’errore da non fare mai è quello di rispondere singolarmente ad una persona, più che altro perché molti sono provocatori, lo fanno a posta, cercano di prendere la tua popolarità…

Valerio:
Per avere qualche punto di notorietà…

Marco:
Chiaro, così almeno tu rispondi e loro hanno visibilità. È come i tassisti che fanno la protesta e Uber impenna nelle subscription della propria app, è lo stesso meccanismo. Alcuni del mio settore sono professionisti, son da anni che ci provano e fanno sempre questa strategia qua: provocano, ti danno addosso, così almeno gli dai un po’ di visibilità. Vanno invece ignorati ma va risposta la critica in generale.

Valerio:
Certo.

Marco:
E poi l’ultima cosa, Valerio, secondo me importante, è questa frase di Roosvelt su quelli nell’arena: “io ascolto con grande attenzione le critiche di chi è nell’arena”, cioè, di chi le cose le fa. Se uno, per dire, mi critica sul tema CEO ed è uno che ne sa di CEO, allora è una critica che io guardo con grande attenzione. Se tu sei fuori e non sei uno che si sporca le manine, non sei uno che fa quel che faccio io, per me quella critica è totalmente irrilevante.

Valerio:
Esatto. Beh, di questi me ne capitano a pacchi, ne capitano anche a me a tonnellate.

Marco:
A milionate.

Valerio:
Guarda, c’è poi qui, fra le cosine che mi ero segnato, questa tua frase: “non possiamo cambiare il carattere delle persone intorno a noi ma possiamo decidere quali persone tenere intorno a noi”, quindi un po’ ci sta questa cosa del fare una scrematura. Senti, chi segui tu da vicino, come ti tieni aggiornato? Vorrei capire bene il risultato di questo libro, che è, poi, quello dei tuoi video che contengono tutto il tuo sapere e la voglia di comunicare quello che hai da dire.

Marco:
Improvviso al volo cos’ho nel mio aggregatore RSS. Nel mio aggregatore RSS ho… non so… reparto random… vabbè, estate tech. Ho quindi tutto il mondo di tecnologia, Recode, Business insider, Boing Boing (che è tech però è anche life style), blogger tipo Kottke, Tim Ferris, Gary Vaynerchuk (più sul marketing, comunicazione, business). Altri personaggi tipo… non so… Bill Gates, mi interessa Bill Gates quando fa tutte le recensioni dei libri e robe del genere. Mi interessano più investitori, Fred Wilson… è tutta gente tendenzialmente tecnica. Non ho nel mio feed, oltre a testate più tradizionali, gente che in realtà vada molto fuori dal mio mondo. Il mio obiettivo forse è proprio quello di contaminarmi di più e dire “ok, magari basta, parla di energia”, che è fuori dal mio mondo, ma può essere molto interessante da ampliare, amplificare. Ho poi monitoraggi su alcuni aggregatori come Productant, che è un sito molto famoso americano dove vengono segnalati i nuovi prodotti, i nuovi libri, nuove start up. Tutto quello che esce di nuovo, di interessante, mi passa davanti. Per un sacco di tempo, diciamo tutt’ora, però soprattutto prima… Immaginati quando sei in TV: tu vai in onda o sei ad un evento di tecnologia e devi sapere fino al minuto prima qual è l’ultima novità tecnologica uscita, non puoi non sapere che Facebook ha lanciato le stories, o che Snap adesso si quota, devi saperlo. Tutto il mio feed di informazioni è quindi molto incentrato su quello, sulle ultime novità. Nel tempo l’ho sempre più allargato perché sai, crescendo ti interessano anche temi diversi. Chiaramente, l’ITTS (che è la federazione di ping pong) è nel mio feed, quindi se esce il nuovo video di ping pong sono aggiornato su quello.
Valerio:
Con chi vorresti andare a cena se tu potessi scegliere, da Putin a Seth Godin, a Elon Musk, a Trump, a Ivana Trump, Ivanka Trump…?

Marco:
A me in realtà piace molto Obama…

Valerio:
Ok.

Marco:
… come persona, poi lascia perdere i risultati presidenziali (possono essere interpretati in mille modi). Lui l’ho sempre trovato una persona molto interessante, poi uno che ha fatto il Presidente degli Stati Uniti per 8 anni, caspita, ne sa di cose. In generale ha una visione complessiva notevole. Però ce ne sono diversi, Elon Musk senz’altro è molto interessante, Noam Chomsky è uno molto interessante, Charlie Munger, Warren Buffet, a prescindere dalla ricchezza, ma per il sapere. Alcuni personaggi hanno la capacità di vedere il mondo con una lente tutta loro, per cui sai, se hai la possibilità di spenderci un’oretta insieme, magari…

Valerio:
Qualcosina riesci a…

Marco:
…riesci… e ce ne sono diversi, con questi assolutamente sì, mi piacerebbe tantissimo. Ho avuto la fortuna di intervistarne molti ma sai, intervistare o passarci una cena insieme, un weekend, è diverso.

Valerio:
Assolutamente.

Marco:
Poter essere amico con Bill Gates, Warren Buffett, Obama, gente così, senz’altro… Richard Branson… è gente interessante, stimolante.

Valerio:
Senti, tornando ai contenuti del tuo libro (sono i contenuti dei tuoi video), inevitabilmente ti casca un po’ addosso, adesso, la nomina del motivatore, perché ci sono concetti… perché non sei un motivatore, ma semplicemente usi il buonsenso, applichi ovviamente la tua conoscenza, la tua cultura, la tua esperienza alla vita di tutti i giorni e a quella del business.  In questo modo tiri fuori delle frasi, delle massime, o comunque delle idee che aiutano le persone a crescere, a svilupparsi. Come ti ci vedi in questa veste che ti è un po’ piombata addosso dall’alto, non volendo?

Marco:
Guarda…

Valerio:
Te la faccio meglio la domanda: ti ci vedi su un palco a fare un discorso motivazionale o comunque slegato completamente al discorso digital, proprio centrato sulla crescita personale?

Marco:
Allora guarda, per me sono due temi diversi. Uno è il tema dell’ispirare le persone, un motivare le persone a fare qualche cosa. Di per sé è una cosa molto positiva, perché appunto, se Obama fa un discorso… Martin Luther King ha fatto un discorso motivazionale che l’ha reso famoso, ma tu non pensi che Martin Luther King sia un motivatore, quindi un tema è motivare le persone e l’importanza di dare dei messaggi, di ispirare le persone a fare qualcosa. Se uno mi ferma per strada per l’intervista prima di questa… una ragazza mi ha detto “guarda volevo ringraziarti perché grazie al tuo video ho trovato lavoro”, e per me quello ha un grande valore. È il motivo per cui faccio video, non per far trovare lavoro alle persone ma per dare qualche consiglio utile in base alla mia esperienza (poi se funziona negli altri, tanto meglio). Su quello, quindi, secondo me, mi ci trovo molto bene, lo trovo molto positivo e sono super felice se c’è della gente che ha dei risultati grazie a quello che posso dire. Dove non mi trovo è tutta l’industria della motivazione, che è un’industria pensata per fare business spesso su persone che sono poveri cristi o gente che ha mille dubbi, perplessità, e quindi inizia ad entrare in un funnel di vendita che…

Valerio:
Micidiale.

Marco:
…non sa che è un funnel di vendita che ti porta avanti una vita, fai corsi e bla bla e vai avanti una vita a camminar sui carboni ardenti. Quello è ciò che io non sono. Non ho carboni ardenti da venderti e non ho un funnel dove ti infilo per far leva sulle tue debolezze, è quella la cosa che a me non piace, ma mi piace molto invece il tema di poter ispirare delle persone. Per dire, ho fatto uno Speaking Bicocca ai ragazzi in università e senz’altro c’è un tema di ispirazione, perché tu condividi magari degli errori che hai fatto, alcune scelte che hai fatto nella tua vita e dai dei suggerimenti. Magari dei ragazzi escono poi di lì e dicono “caspita, però mi hai ispirato a fare questa roba qua”, quindi quello è positivo. È l’industria della motivazione che non sopporto e…però sai, dall’altro lato, magari, della gente che ti vede come un competitor cerca subito di associarti lì perché è un modo per qualificare le tue competenze e dire “ma sì, Montemagno non sa niente di tecnologia digitale, è solo uno che apre la bocca e parla”. Però sai, son tanti anni che mi occupo di questi temi e alla fine poi succede sempre, ti danno sempre del tuttologo, ti danno sempre di qualcos’altro per non guardare i fatti. Basterebbe invece che uno si metta lì e dica “guardiamo i fatti”.

Valerio:
Esatto e guardar fatto.

Marco:
Capito, analizziamo Montemagno: ci sono risultati, sì o no? Quello che dice l’ha fatto oppure no? Stop, in base a quello decidi, tutto qua.

Valerio:
No, sai perché?  È molto facile aggredire qualcuno su qualcosa che tu pensi possa essere il suo nervo scoperto, oppure qualcosa che lo renda più populista o più banale, quando invece dietro c’è una sostanza e quello che dice lo dice a ragion veduta. Sono convinto ad esempio che puoi arrivare tecnicamente fino ad un certo livello e raggiungere la capacità massima, dopodiché se vuoi fare un salto di qualità devi cominciare a cambiare te, cambiare la tua routine, cambiare il modo di vedere le persone…

Marco:
Assolutamente. Ma guarda infatti.

Valerio:
…perché altrimenti non vai avanti…

Marco:
… ti faccio un esempio pratico: premesso che io non sono un esperto di niente, mi ritrovo nella definizione di Tim Ferris di dilettante professionista, perché io non sono esperto di digitale, non ho una laurea in informatica o in marketing. Faccio delle cose, sono appassionato di comunicazione, mi piace comunicare su tanti mezzi, faccio degli esperimenti, a volte funzionano, a volte no. That’s it, questo è quello che faccio. Non ho un ruolo da difendere, non sono un professore con la cattedra che si sente sminuito se uno dice “faccio il motivatore”. Se la vuoi pensare così va bene, faccio il motivatore, per me è totalmente irrilevante. La cosa però è questa, facciamo l’esempio del ping pong, che ci sta molto a cuore: se io penso ad uno dei miei migliori allenatori ping pong nella mia vita, è uno che chiaramente mi ha insegnato mille aspetti tecnici, perché ci sono mille dettagli tecnici che devi imparare su come si fa un colpo ecc., mille strategie su esattamente quale strategia fare. Una delle cose più importanti che mi ha, però, insegnato, è tutta la parte di mentalità: quando scendi in campo c’è che vince e c’è chi perde in mentalità, c’è gente che è perdente, proprio lo vedi. Tu quando entri in campo e stringi la mano all’avversario, lo vedi se uno ha già perso prima di incominciare, e allora dici “il mio allenatore è un motivatore”. No, era un grande allenatore tecnico, però la mentalità fa parte del business, come la pubblicità.

Valerio:
Fa parte del business.

Marco:
Non puoi pensare che Zuckerberg abbia fatto Facebook solo perché è un genio a programmare (anche se magari in realtà non lo è), è l’insieme di come ragiona a determinare o meno il suo successo nel business, è per quello che è importante.

Valerio:
Assolutamente, te l’ho detto anche io poi l’altro ieri, sul discorso del golf: mi è capitato di ricevere delle indicazioni sul mindset giusto e fare poi il gran colpo il giorno dopo, quindi funziona. Senti, le 6 “c” (che mi fanno ridere molto, ma che hanno assolutamente… è l’ultima che mi fa ridere), sono: contenuto, continuità, calma, cambiamento, community, c**o.

Marco:
È vero che ci vuole c**o, spesso uno non lo dice perché fa più bello sembrare il fenomeno che è riuscito da solo, “ho deciso così e allora la mia vita è diventata questo”. Non è così, perché poi c’è una base di fortuna che fa parte del gioco, è chiaro che te la puoi in un qualche modo cercare, però non puoi far finta che l’elemento “c” non sia rilevante. Faccio un esempio: quando volevo fare una trasmissione su Sky TG 24, ai tempi io provai più di una volta a contattare Emilio Carelli (che era il direttore), per avere un appuntamento e proporgli una trasmissione. Ad un certo punto mi accorda un appuntamento, quindi vado a Roma e sto tutto il giorno in aeroporto ad aspettare perché non volevo sbagliarmi, volevo essere lì. Sono stato un giorno in aeroporto e l’appuntamento era tipo alle 18.00 [alle “sei”]. Alle 18.00 vado, lo trovo sommerso di roba ma gli spiego quello che vorrei fare. Lui mi guarda e dice “non ci interessa, grazie”. Vabbè. Sto allora 6 mesi a martellarlo e mi ridà un altro appuntamento in università. In quel momento vado, gli ripropongo la trasmissione, e lui mi dice nuovamente: “guardi, non ci interessa, lei vuole fare una trasmissione per insegnare agli italiani ad usare un computer”. Questo era il livello del tempo, e lui giustamente mi dice “guarda, noi siamo informazione, non siamo formazione”. Comunque, vado lì, ad un certo punto stavo andando via e la mia fortuna in quel caso è stata che lui aveva un assistente. Mentre stava andando via, io ho detto “sì, però di questo virus non avete parlato così”, e l’assistente ha detto “Ma dai Emilio, ma forse ha ragione riguardo a questa notizia”. In quel caso, lui fece poi un check su Roma per vedere se avevo ragione oppure no, e mi disse “vabbè, allora per questa notizia, se vuole, la mando adesso a fare un collegamento con Montese, 20 secondi a parlarne”. Se non ci fosse stato quell’assistente lì in quella situazione, io non avrei mai fatto televisione. Se tu ripercorri tutto questo, c’è una parte di c**o inevitabile, che uno però si dimentica di dire, la omette perché a più figo così.

Valerio:
No no, diciamo che un po’ te la vai a cercare, nel senso che se tu non avessi rotto le scatole al direttore…

Marco:
Certo. Sì, però…

Valerio:
…non ci saresti arrivato in quell’ufficio a quell’ora per trovare l’assistente, io sono di questa idea. Comunque… Senti, fantastico libro Codice Montemagno di Mondadori, che cosa accadrà adesso, dopo questo libro? Ci sarà un altro libro, oppure se puoi dire qualcosa, se stai già pensando a un seguito… ?

Marco:
Guarda, ho varie idee in testa. Anzitutto, mi piacerebbe un altro libro questa volta scritto da zero, al posto di essere una semplice trascrizione dei video…

Valerio:
Dei video.

Marco:
…mi piacerebbe invece scriverlo da zero. Il tema del personal branding mi sembra una cosa interessante, come si costruisce un personal brand, però ancora sto raccogliendo un po’ di idee.

Valerio:
Ok.

Marco:
Alcuni haters dicono in giro che cercano di comprare più libri possibili per bruciarli, quindi spero che almeno li paghino. Questa potrebbe essere una cosa che succede, un grande falò, con tutte le cose.

Valerio:
… magari insomma…fare qualche … per scaldarsi.

Marco:
Poi no, ho varie idee. Lo sai, la comunicazione… il libro è nel mio caso un’iniziativa di comunicazione, per far girare il messaggio, raggiungere persone che magari non sono online. La comunicazione si basa sempre su dei cicli di comunicazione, per cui questa è ancora una fase di comunicazione del libro e poi tra, probabilmente un mese, un paio di mesi, dato che è una curva crescente, uscirò con un’altra iniziativa di comunicazione. Alcune sono già in ballo, ad altre ci sto lavorando peraltro in questi giorni. Tipicamente, secondo me, ogni 4 mesi uno dovrebbe lanciare una nuova iniziativa…

Valerio:
Assolutamente.

Marco:
… che rilancia su altri temi o su altri messaggi che vuoi portare avanti.

Valerio:
Qualcosa sui video magari?

Marco:
Sui video? A dire la verità no. Il tema dei video mi piace ma io non sono un tecnico. Mi piace condividere questa cosa, ad esempio con Clappy facciamo questa roba che abbiam chiamato Vailer Academy, che è un workshop sui video, però è più un divertimento mio, un modo di condividere qualche cosa imparata col fatto che io non sono un videomaker, quindi non sono un professionista, ancora una volta, nel fare video. Per cui, non è magari quello il tema, però mi piace appunto tutto il tema del brand personale, il tema del lavoro mi sembra fondamentale, l’uso del digitale sul lavoro. Questo è più o meno il tema su cui mi piacerebbe girare.

Valerio:
Bene, ultimissima domanda, quella di rito. Siccome il mio programma d’interviste e anche podcast è sull’autorevolezza, vorrei chiederti se puoi dare qualche consiglio a chi vuole esporsi, ricevere maggiori contatti, maggiore visibilità e attestarsi in maniera più autorevole sul web. Che consigli daresti?

Marco:
Steve Jobs diceva la famosa frase “brand, in the end, is trust”: il brand, alla fine dei conti, è la fiducia che tu costruisci con le persone. Spesso, quando uno comunica online, si dimentica questo piccolo aspetto, è lì a parlare di quanto son belli i suoi prodotti, di quanto è un figo pazzesco, e si dimentica che se non si instaura un rapporto di fiducia con le persone che ti guardano, sarà un casino vendergli qualcosa. Immagina, sei un agente immobiliare e dici “devo vendere”. Sì, fantastico, ma perché devo comprare da te? Qual è la fiducia che hai creato con me? Il tema principale è quindi costruire il rapporto di fiducia con le persone come lo costruisci… per me oggi, il modo migliore è dimostrare la tua competenza, qualunque sia il tuo settore. Se fai il pizzaiolo e vuoi avere fiducia da parte delle persone, vuoi che la gente compri la tua pizza, a quel punto ti metti lì e dimostri che la tua pizza è veramente straordinaria, fai vedere, spieghi, dai i migliori consigli, proprio lo mostri. Fare ha un impatto enorme, la competenza non è un qualche cosa che descrivi, la competenza la devi far vedere. Se dici “sono un grande giocoliere”… hai gente che si mette lì e fa dei video e dice “perché io sono un grande giocoliere”, un altro si mette lì e fa video, e dice “guarda, adesso palleggio con 7 palloni da calcio in contemporanea”. That’s it, ti ho già convinto che quella cosa la so fare.

Valerio:
Che sono un grande giocoliere, quindi certo, bisogna saper dimostrare bene le proprie competenze.

Marco:
Sì. È più difficile (questo è il motivo per cui non in tanti lo fanno), perché non sono tante le persone che sono disposte davvero a mettersi in gioco, a studiare…

Valerio:
“No, non ce la faccio”.

Marco:
… ad approfondire e a diventare veramente competenti, che non è una cosa che ottieni in un secondo, sono anni di lavoro in qualunque settore. Questo secondo me sarebbe la cosa più utile da fare, che però, ti dico già, la maggior parte delle persone non fa perché vuole la scorciatoia. Dice “no, io devo comunicare subito e quindi butto su qualcosa qua e là, faccio finta di essere competente, faccio un po’ di attività, porto a casa il risultato alla breve e poi si vedrà”. Questa purtroppo è la scelta della massa, però non è la scelta migliore.

Valerio:
Ok, benissimo. Grazie Marco, grazie di tutto.

Marco:
Grazie a te Valerio, in bocca al lupo per tutto.

Marco:
In bocca al lupo anche a te per tutto quello che verrà. Vi ringrazio ancora tutti quanti per averci seguito fino a qui, ritrovate il video sul canale YouTube, su Valerio.it e in “PODCAST”. Vi consiglio, di nuovo, il libro di Marco Montemagno, Codice Montemagno, non perdetelo. Un saluto a tutti da Valerio, ciao!

About the author
Valerio Fioretti

Valerio Fioretti

Valerio Fioretti è lo specialista del web marketing per le piccole e medie imprese. Autore bestseller, speaker, consulente, formatore e marketing coach.

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